mercoledì 17 marzo 2021

Quella donna sono io. Vogliamo iniziative concrete, subito, contro il femminicidio

È il momento di agire, di far sentire la nostra voce. Gli scontri tra la polizia e le manifestanti a Londra, durante la veglia per ricordare Sarah Everard, rapita e barbaramente uccisa il 3 marzo scorso mentre tornava a casa, ripropongono in maniera drammatica il tema dell’escalation della violenza contro le donne, ora aggravata dalla crisi pandemica. 


È arrivato il momento di dire basta e con forza. Di far sentire, come un’unica grande onda, la voce di protesta delle donne di tutto il mondo, a cominciare da noi. Dalle reti che si spendono per la parità, per il rispetto dei diritti, perché si elimini la violenza agita dagli uomini contro le donne. Deve essere chiaro che ogni donna uccisa equivale ad una sorella uccisa nella mia città, nel mio quartiere, nella casa accanto. Quella donna sono io. 

È arrivato il momento anche per gli uomini di gettare la maschera e di dire chiaramente da che parte stanno, smettendo di considerare questi reati come fatti che non li riguardano. Il problema è culturale, prima ancora che giudiziario. 

È arrivato il momento da parte di tutti i Governi di dare risposte concrete. In particolare, per quello italiano, di rimettere mano al Codice Rosso: da tempo i centri antiviolenza indicano la strada per alcune necessarie modifiche


Noi tutte siamo ancora idealmente a manifestare nel parco di Clapham Common a Londra. La sicurezza delle donne deve essere messa al primo posto anche nell’agenda politica italiana. 

Chiediamo, pertanto, a tutte le donne di essere unite in questa battaglia e al presidente Draghi di mantenere le promesse annunciate nel suo discorso di insediamento, in cui si assicuravano pari condizioni di vita per uomini e donne, non più rinviabili in un Paese che si dichiari democratico. 

Peraltro il brutale omicidio di Sarah appare ancora più odioso perché, se l’impianto accusatorio sarà confermato, arriva per mano di un tutore della legge, che dovrebbe invece assicurare protezione. 

Noi teniamo la mano alle donne che hanno dichiarato di volersi “riprendere le strade” (Reclaim these streets) e con esse la libertà di camminare in sicurezza; libere dalla violenza maschile e, più in generale, libere dall’ansia, dal terrore, dalle violenze verbali e fisiche e dalle sistematiche limitazioni cui molto spesso devono sottostare nel corso della loro vita. 

Sui social media sono centinaia le storie di disagio e soprusi confessate da donne inglesi dopo il caso Everard e non sono molto diverse da quelle che ogni giorno, con sconforto, si ripetono nel nostro Paese. 

Chiediamo, anche, al Ministro degli Esteri italiano di farsi portavoce con il Governo inglese delle nostre proteste e del nostro sostegno a quelle donne che non devono sentirsi isolate. Vogliamo accendere su di loro un gigantesco faro. E lo riaccenderemo ogni qual volta nel nostro Paese una donna sarà anche solo sfiorata dalla mano di un uomo, richiamando le istituzioni e gli organi preposti a proteggerle e liberarle dalla paura e da una violenza che non sembra avere mai fine. 

Lettera aperta di Noi Rete Donne, 17 marzo 2021

domenica 7 marzo 2021

PASQUA 2021

PASQUA 2021 - VIA CRUCIS  per  PAPA FRANCESCO


Stralci da "Iraq, i bambini e la guerra" -  a cura di Nadia Scardeoni 
----

Papa Francesco: agli iracheni,
“vengo come pellegrino di pace in cerca di fraternità”

DOSSIER 2002

martedì 15 ottobre 2019

Hevrin, sempre

https://www.periodicodaily.com/hevrin-khalaf-segretaria-politica-partigiana-per-la-liberta/


Il testo della lettera delle donne curde:
La lettera scritta dal Consiglio delle donne curde della Siria del Nord e dell'Est è firmata dalle donne di varie culture e fedi delle terre antiche della Mesopotamia.
 "Vi stiamo scrivendo nel bel mezzo della guerra nella Siria del Nord-Est, forzata dallo Stato turco nella nostra terra natale – si legge nel testo -. Stiamo resistendo da tre giorni sotto i bombardamenti degli aerei da combattimento e dei carri armati turchi. Abbiamo assistito a come le madri nei loro quartieri sono prese di mira dai bombardamenti quando escono di casa per prendere il pane per le loro famiglie. Abbiamo visto come l’esplosione di una granata Nato ha ridotto a brandelli la gamba di Sara di sette anni, e ha ucciso suo fratello Mohammed di dodici anni. Stiamo assistendo a come quartieri e chiese cristiane vengono bombardate e a come i nostri fratelli e sorelle cristiani, i cui antenati erano sopravvissuti al genocidio del 1915, vengono adesso uccisi dall’esercito del nuovo impero Ottomano di Erdogan. Due anni fa, abbiamo assistito allo Stato turco che ha costruito un muro di confine lungo 620 chilometri, attraverso fondi Ue e Onu, per rafforzare la divisione del nostro Paese e per impedire a molti rifugiati di raggiungere l’Europa". E poi ancora: "Adesso stiamo assistendo alla rimozione di parti del muro da parte di carri armati, di soldati dello Stato turco e jihadisti per invadere le nostre città ed i nostri villaggi. Stiamo assistendo ad attacchi militari. Stiamo assistendo a come quartieri, villaggi, scuole, ospedali, il patrimonio culturale dei curdi, degli yazidi, degli arabi, dei siriaci, degli armeni, dei ceceni, dei circassi e dei turcomanni e di altre culture che qui vivono comunitariamente, vengono presi di mira dagli attacchi aerei e dal fuoco dell’artiglieria. Stiamo assistendo a come migliaia di famiglie sono costrette a fuggire dalle loro case per cercare rifugio senza avere un luogo sicuro dove andare. Oltre a questo, stiamo assistendo a nuovi attacchi di squadroni di assassini di Isis in città come Raqqa, che era stata liberata dal terrore del regime dello Stato Islamico due anni fa con una lotta comune della nostra gente. Ancora una volta stiamo assistendo ad attacchi congiunti dell’esercito turco e dei loro mercenari jihadisti contro Serêkani, Girêsipi e Kobane".


Hevrîn Xelef con la sua azione ha svolto un ruolo indimenticabile nella rivoluzione delle donne del Rojava e per la comunità dei popoli. 
È stata giustiziata in un agguato di una banda di assassini jihadisti alleati della Turchia.
Havrin Khalaf, o Hevrîn Xelef, è nata a Dêrik nel 1984. Da bambina è cresciuta in una famiglia impegnata a livello sociale e politico. Quattro dei suoi fratelli e sua sorella Zozan si sono unit* alla lotta di liberazione es sono cadut* nelle file del movimento di liberazione curdo.
Sua madre Sûad ha partecipato a molte assemblea popolari di Abdullah Öcalan. Ciò che lì ha imparato ha avuto anche una grande influenza sull'educazione e sullo sviluppo della personalità di Hevrîn. Dopo che Hevrîn ha completato il suo ciclo scolastico a Dêrik, a Aleppo ha studiato scienze agrarie. Al termine dei suoi studi è tornata a Dêrik. Con l'inizio della rivoluzione in Rojava, Hevrîn ha partecipato alla lotta di liberazione e ai lavori del movimento giovanile. Poco tempo dopo ha iniziato i lavori di organizzazione per la costruzione di strutture della società civile e ha assunto funzioni dirigenti nel consiglio economico di Qamişlo. Con la proclamazione dell'Amministrazione Autonoma, come co-Presidente ha lavorato come responsabile nel comitato per l'energia dell'Amministrazione Democratica nel cantone di Cizîre. Nel 2015 ha svolto un ruolo importante nel migliorare e rafforzare l'approvvigionamento energetico nel cantone di Cizîre.
In questi lavoro la sua attenzione si è rivolta in particolare ai bisogni economici delle donne e allo sviluppo dell'economia delle donne. Nel 2018 Hevrîn ha partecipato al processo di fondazione e costruzione del Partito Futuro della Siria con l'obiettivo di impegnarsi per i bisogno dei gruppi di popolazione e un rinnovamento democratico della Siria. Nella fondazione del Partito Futuro, il 27 marzo 2018 a Raqqa con abnegazione e impegno ha assunto l'incarico di segretaria generale. In un discorso in occasione dell'8° anniversario della rivolta popolare in Siria, Hevrîn ha messo l'accento sulla sua convinzione che la crisi politica in Siria non si può risolvere con la guerra. Ha detto: „Sono passati otto anni. Le rivolte popolari contro la crisi e la lotta dei popoli della Siria sono state condotte con grandi sacrifici e si sono trasformate in una guerra. La fine della perdurante crisi in Siria, motivi per l'espulsione e l'assassinio della popolazione, non è possibile senza una soluzione p politica."
In ciascuno dei suoi interventi, Hevrîn ha sottolineato l'importanza del dialogo tra diverse forze politiche e gruppi di popolazione della Siria. Insisteva sul fatto che i popoli devono determinare da sé il proprio futuro e impostare autonomamente la loro vita politica e sociale. Con la sua battaglia politica Hevrîn invitava tutte le aree della società e gli attori politici a partecipare a una soluzione democratica della crisi in Siria.
Con l'inizio della guerra di occupazione turca contro i territori dell'Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell'Est il 9 ottobre 2019, Hevrîn continua con determinazione la sua lotta politica. In un agguato di membri di una banda di assassini alleati della Turchia è stata giustiziata in modo mirato.
Hevrîn Xelef con la sua vita e il suo operato ha svolto un ruolo indimenticabile nella rivoluzione delle donne del Rojava e nella comunità dei popoli. Ricordarla significa difendere in modo più determinato che mai la rivoluzione delle donne in Siria del nord e dell'est e ravvivare in tutti i Paesi del Medio Oriente e del mondo la sa scintilla.
Il necrologio di Hevrîn Xelef è stato pubblicato sulla pagina web della campagna „Women Defend Rojava" del movimento delle donne curde Kongreya Star.
Fonte: ANF

mercoledì 1 giugno 2016

2 giugno contro il femminicidio: Verona, Piazza Bra ore 10. Castelfranco Veneto, Piazza 24 maggio ore 10

2 giugno 2016: le donne scendono in piazza in varie città d'Italia per gridare la rabbia contro la violenza sulle donne e chiedere impegno e soluzioni per cambiare la cultura maschilista che ci travolge e danneggia tutte e tutti.
Un flash mob diffuso, e ovunque possibile, per rompere l'indifferenza e chiedere a tutti e tutte, ma soprattutto alle donne delle istituzioni, di mettersi in gioco proponendo interventi che vadano oltre l'emergenza.



Tutte le info sulla pagina fb degli eventi.

domenica 29 novembre 2015

Gruppo Polis: 5 cooperative padovane impegnate al fianco delle persone disagiate e contro la violenza

Il Gruppo Polis è realtà padovana che riunisce 5 Cooperative Sociali che operano da 30 anni a favore delle persone in difficoltà, realizzando servizi educativi, riabilitativi, residenziali e occupazionali, e promuovendo il collocamento lavorativo delle persone svantaggiate, fra cui le donne in difficoltà. 
Il 20 novembre, in vista della giornata internazionale contro la violenza, duecento persone hanno partecipato, a Stra, a una cena di gala organizzata (per il sesto anno consecutivo) da Gruppo Polis.

Il ricavato era interamente destinato a Casa Viola, struttura di Gruppo Polis intitolata a Franca Viola, prima donna ad aver rifiutato il matrimonio riparatore, che accoglie donne che hanno subito violenza accompagnate dai loro figli, per guidarle verso un inserimento sociale e lavorativo e la riconquista della propria autonomia. 
Laura Roveri [nella foto] è intervenuta raccontando la propria storia: l’ex compagno l’ha colpita con 16 coltellate, di cui una arrivata a meno di 2 mm da un punto vitale, perché non accettava di essere lasciato. «Il grosso problema – ha spiegato - è che non ci hanno abituato ad accettare la fine delle relazioni, ad affrontare un rifiuto con consapevolezza. Mentre ero in ospedale moltissime donne mi scrivevano perché avevano bisogno di confrontarsi con chi si era trovato nella loro stessa situazione. Ho lavorato molto nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi e le ragazze sin dalla giovane età su questo tema così importante». Emanuela Tacchetto, presidente della cooperativa Gruppo R, ha ricordato come Casa Viola sia nata proprio per aiutare prima le donne e poi, col passare del tempo, abbia dato spazio anche ai loro bambini. L’ulteriore step è stato pensare anche agli uomini: da ottobre dello scorso anno, la cooperativa ha infatti attivato anche il servizio per Uomini Maltrattanti, che attualmente coinvolge 5 persone, con l’obiettivo di far raggiungere loro la consapevolezza delle proprie azioni. 
Tra i sostenitori la società Le Ali di Padova Volley Project, che ha sottoscritto recentemente con Gruppo Polis un protocollo di collaborazione in eventi di sensibilizzazione e sostegno delle donne vittime di violenza. Nel corso della serata è stato anche conferito il premio Imprese per Bene a Federica Roncato di Ciak Roncato: «In famiglia – ha sottolineato Federica Roncato - le mie due sorelle e io siamo state cresciute secondo i principi dell'amore, del rispetto, e della passione per il nostro lavoro. Anche queste sono tra le chiavi del successo della nostra azienda. Quando abbiamo conosciuto Gruppo Polis e i suoi bellissimi progetti ci siamo sentiti particolarmente coinvolti e colpiti ed è stata naturale la nostra volontà a contribuire in qualche modo a sostenerli». 

sabato 21 novembre 2015

La risposta della guerra

di Laura Puppato • Certo che il pensiero va ugualmente a Beirut, ai passeggeri dell’Airbus russo abbattuto nel Sinai, a Siriani e Iracheni, a quanti subiscono i drammi del fondamentalismo nel mondo; e non solo; a tutti coloro che subiscono i conflitti di ogni genere [e ci vorrei includere chi resta travolto, innocente, nel conflitto più ampio della predazione contro la Terra]. 

È chiaro, però, che l’attentato di Parigi ci tocca direttamente e da vicino in modo particolare: per la stretta vicinanza geografica e culturale e anche per l'impatto delle conseguenze dal punto di vista politico e militare. E dobbiamo chiederci che sta succedendo davvero, cosa possiamo fare.
Le borse europee sono trainate dai titoli che hanno a che fare con la difesa. I mercati scommettono su un’imminente guerra di larga scala e i presupposti ci sono tutti. La risposta muscolare della Francia è umanamente comprensibile, ma dobbiamo chiederci se sia davvero questa la via migliore da seguire. Trovo che Renzi abbia fatto bene a usare parole caute. L’Italia deve stare accanto alla Francia, ma dobbiamo imparare dagli errori già commessi muovendo guerre in Afghanistan, in Iraq e in Libia. La guerra porta ad altra guerra. Ciò non vuol dire escludere l’aspetto militare, ma bisogna soprattutto colmare la lacuna di una strategia politica, un progetto sul Medio Oriente che coinvolga le popolazioni che lo abitano.
E forse anche dedicarsi, seriamente, a un progetto di amicizia fra le diverse etnie che popolano ormai il mondo occidentale. Perché esiste un ISIS geografico (localizzabile anche in diverse aree del mondo e sotto diverse etichette, quali Boko Haram in Nigeria o al-Shabaab in Somalia), ma ancora più pericoloso è l’ISIS ideologico, e il suo dilagare in tutto il mondo occidentale. L’ISIS vuole terrorizzare l'Europa da un lato e farvi adepti dall'altro: e per farlo parla soprattutto ai giovani europei di fede mussulmana. Sono ragazzi nati qui, ma che qui non vi hanno trovato un ambiente capace di comunità, e di offrire loro prospettive. La loro rabbia viene incanalata dalla propaganda fondamentalista verso un nemico, e quel nemico è la terra stessa che li ospita. Su questo è vitale riflettere. È necessario capire perché dei ragazzi giovanissimi, nati e cresciuti in Europa, decidano di ammazzare i loro coetanei, per rincorrere un'idea feroce e (ai nostri occhi) lontana.
Ciò che è successo in Francia può accadere anche da noi, non possiamo escluderlo. Con la doverosa evidenza che le nostre forze dell'ordine e l'intelligence hanno da molto più tempo esperienza nell’analizzare e affrontare mafie e terrorismi. Il flusso migratorio che si riversa nel nostro paese non è di per sé un presupposto di pericolo, ma può diventarlo se non si adotta una strategia di accoglienza diffusa e capace di vera integrazione degli immigrati e dei rifugiati. Il pericolo più serio, infatti, non è che arrivino terroristi tra i migranti, ma che una volta arrivate qui, trovando ghetti e barriere sociali, persone disperate finiscano nella rete di chi fa proselitismo estremista. Abbiamo bisogno di più unità, come bene dice questo ragazzo musulmano:

Concludo con un pensiero a Valeria Solesin che, come ha detto la sua mamma, “mancherà a noi e all’Italia”. Nei giorni più dolorosi, dalla sua famiglia non è giunta una sola parola di odio o di rabbia vendicativa. Considero questo valore vero, civile, sul campo. Con questo spirito non smettiamo di chiederci che fare e come farlo, ripudiando la guerra come strumento privilegiato di azione.

domenica 31 maggio 2015

Con le donne contro l'Isis

Come il ruolo delle donne sia cruciale nella battaglia conto l'Isis, è sotto gli occhi di tutti; anche se di questo non si parla mai abbastanza; o abbastanza approfonditamente. 

La battaglia femminile si svolge sul campo, ma anche grazie alla partecipazione e al sostegno di molte donne da ogni parte del mondo. Nel marzo scorso una delegazione di tredici donne ha visitato i campi profughi in Turchia, Iraq e Siria, per raccogliere testimonianze che sono state messe al centro di un rapporto che a breve (nella settimana tra il 15 ed il 20 giugno) sarà  presentato al Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu a GinevraE' possibile sostenere questa iniziativa acquistando le tesserine di sostegno (a Padova l'11 giugno presso la libreria delle donne Lìbrati, in via Barbarigo 91 alle ore 19).

Per fare donazioni: presso la Banca Popolare Etica, filiale di Padova, con  causale "delegazione donne/Isis" dell'associazione Giuristi Democratici di Padova IBAN: IT 98 C 05018 12101 000000157262 • per condividere la campagna promossa su facebook, l'evento è QUI.