domenica 29 novembre 2015

Gruppo Polis: 5 cooperative padovane impegnate al fianco delle persone disagiate e contro la violenza

Il Gruppo Polis è realtà padovana che riunisce 5 Cooperative Sociali che operano da 30 anni a favore delle persone in difficoltà, realizzando servizi educativi, riabilitativi, residenziali e occupazionali, e promuovendo il collocamento lavorativo delle persone svantaggiate, fra cui le donne in difficoltà. 
Il 20 novembre, in vista della giornata internazionale contro la violenza, duecento persone hanno partecipato, a Stra, a una cena di gala organizzata (per il sesto anno consecutivo) da Gruppo Polis.

Il ricavato era interamente destinato a Casa Viola, struttura di Gruppo Polis intitolata a Franca Viola, prima donna ad aver rifiutato il matrimonio riparatore, che accoglie donne che hanno subito violenza accompagnate dai loro figli, per guidarle verso un inserimento sociale e lavorativo e la riconquista della propria autonomia. 
Laura Roveri [nella foto] è intervenuta raccontando la propria storia: l’ex compagno l’ha colpita con 16 coltellate, di cui una arrivata a meno di 2 mm da un punto vitale, perché non accettava di essere lasciato. «Il grosso problema – ha spiegato - è che non ci hanno abituato ad accettare la fine delle relazioni, ad affrontare un rifiuto con consapevolezza. Mentre ero in ospedale moltissime donne mi scrivevano perché avevano bisogno di confrontarsi con chi si era trovato nella loro stessa situazione. Ho lavorato molto nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi e le ragazze sin dalla giovane età su questo tema così importante». Emanuela Tacchetto, presidente della cooperativa Gruppo R, ha ricordato come Casa Viola sia nata proprio per aiutare prima le donne e poi, col passare del tempo, abbia dato spazio anche ai loro bambini. L’ulteriore step è stato pensare anche agli uomini: da ottobre dello scorso anno, la cooperativa ha infatti attivato anche il servizio per Uomini Maltrattanti, che attualmente coinvolge 5 persone, con l’obiettivo di far raggiungere loro la consapevolezza delle proprie azioni. 
Tra i sostenitori la società Le Ali di Padova Volley Project, che ha sottoscritto recentemente con Gruppo Polis un protocollo di collaborazione in eventi di sensibilizzazione e sostegno delle donne vittime di violenza. Nel corso della serata è stato anche conferito il premio Imprese per Bene a Federica Roncato di Ciak Roncato: «In famiglia – ha sottolineato Federica Roncato - le mie due sorelle e io siamo state cresciute secondo i principi dell'amore, del rispetto, e della passione per il nostro lavoro. Anche queste sono tra le chiavi del successo della nostra azienda. Quando abbiamo conosciuto Gruppo Polis e i suoi bellissimi progetti ci siamo sentiti particolarmente coinvolti e colpiti ed è stata naturale la nostra volontà a contribuire in qualche modo a sostenerli». 

sabato 21 novembre 2015

La risposta della guerra

di Laura Puppato • Certo che il pensiero va ugualmente a Beirut, ai passeggeri dell’Airbus russo abbattuto nel Sinai, a Siriani e Iracheni, a quanti subiscono i drammi del fondamentalismo nel mondo; e non solo; a tutti coloro che subiscono i conflitti di ogni genere [e ci vorrei includere chi resta travolto, innocente, nel conflitto più ampio della predazione contro la Terra]. 

È chiaro, però, che l’attentato di Parigi ci tocca direttamente e da vicino in modo particolare: per la stretta vicinanza geografica e culturale e anche per l'impatto delle conseguenze dal punto di vista politico e militare. E dobbiamo chiederci che sta succedendo davvero, cosa possiamo fare.
Le borse europee sono trainate dai titoli che hanno a che fare con la difesa. I mercati scommettono su un’imminente guerra di larga scala e i presupposti ci sono tutti. La risposta muscolare della Francia è umanamente comprensibile, ma dobbiamo chiederci se sia davvero questa la via migliore da seguire. Trovo che Renzi abbia fatto bene a usare parole caute. L’Italia deve stare accanto alla Francia, ma dobbiamo imparare dagli errori già commessi muovendo guerre in Afghanistan, in Iraq e in Libia. La guerra porta ad altra guerra. Ciò non vuol dire escludere l’aspetto militare, ma bisogna soprattutto colmare la lacuna di una strategia politica, un progetto sul Medio Oriente che coinvolga le popolazioni che lo abitano.
E forse anche dedicarsi, seriamente, a un progetto di amicizia fra le diverse etnie che popolano ormai il mondo occidentale. Perché esiste un ISIS geografico (localizzabile anche in diverse aree del mondo e sotto diverse etichette, quali Boko Haram in Nigeria o al-Shabaab in Somalia), ma ancora più pericoloso è l’ISIS ideologico, e il suo dilagare in tutto il mondo occidentale. L’ISIS vuole terrorizzare l'Europa da un lato e farvi adepti dall'altro: e per farlo parla soprattutto ai giovani europei di fede mussulmana. Sono ragazzi nati qui, ma che qui non vi hanno trovato un ambiente capace di comunità, e di offrire loro prospettive. La loro rabbia viene incanalata dalla propaganda fondamentalista verso un nemico, e quel nemico è la terra stessa che li ospita. Su questo è vitale riflettere. È necessario capire perché dei ragazzi giovanissimi, nati e cresciuti in Europa, decidano di ammazzare i loro coetanei, per rincorrere un'idea feroce e (ai nostri occhi) lontana.
Ciò che è successo in Francia può accadere anche da noi, non possiamo escluderlo. Con la doverosa evidenza che le nostre forze dell'ordine e l'intelligence hanno da molto più tempo esperienza nell’analizzare e affrontare mafie e terrorismi. Il flusso migratorio che si riversa nel nostro paese non è di per sé un presupposto di pericolo, ma può diventarlo se non si adotta una strategia di accoglienza diffusa e capace di vera integrazione degli immigrati e dei rifugiati. Il pericolo più serio, infatti, non è che arrivino terroristi tra i migranti, ma che una volta arrivate qui, trovando ghetti e barriere sociali, persone disperate finiscano nella rete di chi fa proselitismo estremista. Abbiamo bisogno di più unità, come bene dice questo ragazzo musulmano:

Concludo con un pensiero a Valeria Solesin che, come ha detto la sua mamma, “mancherà a noi e all’Italia”. Nei giorni più dolorosi, dalla sua famiglia non è giunta una sola parola di odio o di rabbia vendicativa. Considero questo valore vero, civile, sul campo. Con questo spirito non smettiamo di chiederci che fare e come farlo, ripudiando la guerra come strumento privilegiato di azione.